Spider-Man: La storia della mia vita - Edizione Integrale - Recensione (2024)

Anche grazie a Spider-Man La storia della mia vita, Chip Zdarsky è indubbiamente uno dei più promettenti scrittori del panorama fumettistico statunitense. Da quando è stato ingaggiato alla Casa delle Idee ha collezionato solo successi, rivitalizzando personaggi minori come Howard the Duck, e ottenendo riconoscimenti prestigiosi, come l’Eisner Award per una storia di Peter Parker: The Spectacular Spider-Man.

Al momento è saldamente al timone della testata dedicata al Diavolo Rosso, dove ha ricevuto il plauso di critica e pubblico, grazie anche alla fortunata accoppiata col disegnatore nostrano Marco Checchetto, ed è notizia recente che la Distinta Concorrenza gli abbia affidato nientemeno che la testata di Batman, in coppia con Jorge Jimenez

In pochi anni, dunque, questo brillante autore canadese è riuscito ad imporsi come uno dei nomi di punta del comicdom USA, grazie alla sua capacità di proporre storie nuove ed appassionanti, senza mai dimenticare il glorioso passato dei personaggi con cui si approccia, ma piuttosto rielaborandolo in maniera fresca ed originale.

E’ la critica che molti gli hanno rivolto a proposito del suo Daredevil, infatti, che effettivamente ripropone tematiche e character ormai molto abusati dal ciclo di Miller in poi, ma il buon Chip riesce a farlo maledettamente bene, quasi come se fosse una “versione 2.0” delle storie più memorabili del personaggio, aggiornate per i giorni nostri.

La stessa operazione, stavolta ancora più palese e dichiarata, Zdarsky l’ha pensata per il suo Spider-Man: La storia della mia vita, ovvero una miniserie in sei numeri, dove il geniale scrittore ha pensato di rinarrare la lunga epopea del Tessiragnatele, immaginando però che il tempo scorresse come nella vita reale, e non mooolto rallentato come nei comics…

Ogni capitolo, infatti, corrisponde ad una decade, a cominciare dagli anni Sessanta ( la prima apparizione di Spider-Man risale al 1962 ) fino ad arrivare ai giorni nostri, con un Peter Parker sempre più invecchiato, come lo sarebbe un qualsiasi ragazzo nato alla fine degli anni Quaranta.

Zdarsky decide quindi di focalizzarsi su alcuni eventi che hanno caratterizzato in maniera più significativa la lunga vita editoriale del personaggio, rielaborandoli però a suo modo, così da creare un racconto unico e coeso, che avesse una sua continuità e una sua ragion d’essere, anche se si svolge nell’arco di sessant’anni.

Partiamo quindi con la prima, grande, battaglia tra Spidey e Norman Osborn/Goblin, mentre si viveva il dramma della guerra in Vietnam e l’arruolamento di Flash Thompson nell’esercito, per poi passare alle folli clonazioni di Miles Warren ( qui senza maschera da Sciacallo ) e alle prime Guerre Segrete, con il conseguente arrivo del costume alieno e la famigerata Ultima caccia di Kraven.

Impossibile poi non riaffrontare la Saga del Clone e il ritorno di Ben Reilly, visto che hanno tenuto banco per buona parte degli anni Novanta, mentre il nuovo millennio ha portato con sé la Guerra Civile dei supereroi e la terribile minaccia di Morlun, il vampiro psichico che ha più volte messo a rischio la vita del nostro Arrampicamuri. Il capitolo finale, invece, riprende alcune tematiche del controverso Superior Spider-Man e introduce la nuova generazione di eroi, qui rappresentata dal giovane Spider-Man: Miles Morales.

In maniera certosina, il buon Zdarsky è riuscito a condensare tutto questo in poche pagine, senza per questo essere pesante o didascalico, ma limitandosi a raccontare gli avvenimenti più eclatanti e decisivi per la vita di Peter Parker, con il suo consueto stile di scrittura, molto dinamico e diretto, ma in grado di bilanciare anche momenti più intimi e introspettivi a quelli di pura azione.

L’inevitabile scorrere del tempo, infatti, porterà tanti problemi ed acciacchi, non solo fisici, al nostro protagonista, e potremo quindi assistere a un vero e proprio percorso di vita, un invecchiamento che di conseguenza porta anche a una maturazione e a una diversa consapevolezza di sé stessi.

Non era certo un’impresa facile immaginarsi una vita intera da imprimere in sei capitoli, oltretutto pensando a tutto quello che ha dovuto passare il povero Arrampicamuri in questi sessant’anni… ma con quest’opera Zdarsky ha dimostrato di saper affrontare con disinvoltura un’operazione così mastodontica, anche perché, di fatto, le storie originali gli sono servite solo come basi per costruire poi la sua personale visione del personaggio e del suo percorso.

Non aspettatevi, dunque, una riscrittura pedissequa della storia del Ragno, ma qualcosa di completamente diverso ed originale. Ogni personaggio in questa storia prende strade e decisioni che non sono quelle che potreste aspettarvi, specie se siete lettori di lunga data. Pensate a La storia della mia vita come un universo alternativo in tutto e per tutto, dove niente è scontato o già visto.

La forza di questo volume, anch’esso acclamatissimo da critica ed appassionati, sta proprio nel fatto che riesce a raccontare qualcosa di originale, pur rifacendosi a storie già scritte ( e qui ci ricolleghiamo a quanto detto all’inizio sulla cifra di Zdarsky ), contando oltretutto sulle tavole di un Mark Bagley in stato di grazia, che firma qui una delle sue opere più mature e convincenti.

Del resto, stiamo parlando di uno degli artisti del Ragno più rappresentativi in assoluto, dagli anni Novanta ad oggi, che ha firmato lunghissimi cicli di storie sia su The Amazing Spider-Man che sul più moderno Ultimate Spider-Man. Per cui, chi meglio di lui poteva rappresentare una storia del Tessiragnatele lunga sessant’anni…?!

Spider-Man: La storia della mia vita è quindi un’opera che merita di essere letta, sia che siate fan della prima ora del personaggio o dei neofiti. I primi infatti si divertiranno a vedere come l’autore abbia rielaborato la storia del loro beniamino, mentre gli altri si limiteranno a leggere un’epopea emozionante, in cui coglieranno a pieno lo spirito del personaggio.

L’attuale riedizione Panini, tra l’altro, comprende anche l’Annual realizzato dagli stessi autori, e dedicato al burbero J. Jonah Jameson, un uomo in qualche modo “ossessionato” dalla figura del Ragno, che per forza di cose non era stato approfondito a sufficienza nella miniserie principale.

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